lunedì 25 novembre 2013

"In tutta la mia vita non ho mai incontrato qualcuno che non fosse importante" - Sul Dottore e l'importanza della narrativa

No, il blogghino sul Dottore non lo volevo fare. Non perché non avessi niente da dire, è che non sapevo cosa dire. Poi però è passata Stefania. Leggete quel che ha scritto, di sicuro è meno prolissa e molto più brava di me qui sul suo sito ufficiale, che lei è una donna seria.

Che poi a pensarci bene io non mi ricordo nemmeno come ho incrociato Stefania la prima volta. Non l'ho neanche mai vista in faccia. Sono sicura che sia una bella signora, e per signora intendo una vera Lady, perché quando qualcuno ti fa sentire importante tanto da citarti quando parla di cose belle deve essere per forza una bella persona. Non è questo il punto. Il punto è che ora rifletterò su cose che normalmente mi fanno sentire inadeguata, sciocca e strana di fronte al mondo e di fronte a questo mondo io dichiarerò espressamente (per questo scrivo nel blog, metaforicamente il mio "ehi mondo, hai due minuti per ascoltare la parola della Michela?") che non sono né inadeguata, né sciocca. Forse un po' strana ma ehi, la normalità è noiosa.

Sabato sera, in una città di provincia in cui se non vai in discoteca puoi anche non esistere, io ero in compagnia di due amici a guardare Rai4 mangiando dolci fatti in casa (dalla sottoscritta, sono abbastanza brava) a guardare Doctor Who.
Chi mi conosce sa di cosa parlo, per dirvela in due aride parole è un telefilm, una serie tv, fantascientifica in cui un alieno da un pianeta lontano, in aspetto molto simile a un uomo normale, viaggia nel tempo e nello spazio e ha delle avventure.
Ma non è solo questo.

Qui scatta l'allarme: nella testolina della gente iniziano a squillare sirene, girano luci rosse in ogni dove, porte tagliafuoco si chiudono ermeticamente ed è il fuggi fuggi generale. Ecco che la solita sfigata assurge a grandezza una cosa sciocca, soltanto 45-50 minuti a settimana di avventure. Ci si sente sciocchi, inadeguati, strani. Si preferisce sorridere di circostanza e dire "sì ma sai, in fondo è solo una serie tv".

No! Mi prendete in giro! Non me ne frega niente che la società vi dica che essere conformisti alla stupidità generale è meglio che seguire le proprie inclinazioni, la propria sensibilità e cercare di migliorarsi. Io ci tengo alle persone, voglio che migliorino, pretendo che coloro a cui voglio bene non peggiorino. Quando scopro una cosa bella, piccola o grande, voglio che la gente la veda non per sentirmi dire "che brava che l'hai scoperta", voglio che la gente pensi "voglio fare anche io una cosa così bella, perché posso farcela anche io".

Ho perso il filo del discorso, lo faccio spesso. La questione è questa: perché le avventure di un alieno, ovvero qualcosa che non esiste materialmente e non ti da soldi o altro è così importante per te?
Per lo stesso motivo per cui è importante la letteratura, il cinema, la buona televisione. È il motivo che spinge la gente a leggere e produrre narrativa. Siamo tutti storie e ricordi, alla fine. Siamo umani, siamo delle creature straordinarie che sanno creare mondi con un pezzo di carta e una penna. Siamo allo stesso tempo creature semplici, e la semplicità ci da la possibilità di essere felici, con quel poco che abbiamo, perché con esso creiamo cose così maledettamente belle.

Doctor Who l'ho scoperto grazie a Harry Potter. Passo indietro: scoprii Harry Potter perché persone a cui volevo bene volevano farmi stare bene, volevano che la mia curiosità personale venisse saziata con qualcosa di interessante, che da essa traessi delle lezioni magari. Cosa ho tratto da 7 libri è stato molto ed è difficile riassumerlo in poche righe, non vorrei tediarvi: vorrei spronarvi a scoprirlo da soli. Non sentitevi sciocchi, andate in biblioteca o libreria e siate fieri di portarvi a casa una bella storia. Non fa male a nessuno, può solo fare del bene.

Doctor Who l'ho scoperto perché un personaggio chiave di Harry Potter è interpretato da uno degli attori che ha interpretato il Dottore. Sì, il Dottore può cambiare "faccia": un espediente narrativo utile a non chiudere un buon prodotto televisivo si è rivelato fautore di grandi lezioni e grande letteratura (sì, la chiamo così, fatevene una ragione).

Lasciatemi riflettere su questo: cosa mi ha insegnato il Dottore? Proviamo a buttare giù qualche idea. 
- Banalmente, l'inglese e un po' di informatica: ho "dovuto" guardarlo in lingua perché non v'era altro modo di reperirlo quando iniziai a vederlo, e ora so parlare l'inglese molto meglio di quanto non avessi potuto fare con tutti i corsi d'inglese della mia vita. Per cercare informazioni, produrre fanart di ogni tipo, ho dovuto scontrarmi con la tecnologia e imparare ad usarla. Tutto questo mi serve per lavorare, mi è utile per lavorare meglio;
- Di conseguenza, l'arte non è inutile: per arte intendo a tutto tondo, dall'arte grafica  in senso stretto alla letteratura, passando per la musica. I libri, e di conseguenza tutto ciò che necessita di essere scritto come le canzoni, le serie tv, i film, ci fanno stare meglio, ci fanno evadere, ci fanno pensare, ci fanno protestare, ci fanno migliorare, ci rendono potenti senza dover avere un'arma che spara, una spranga che ferisce, i soldi che comprano.
- Sempre di conseguenza, i soldi non sono importanti, sono uno strumento per arrivare da qualche parte, ma non devono essere il fine.
- La violenza non è la risposta, perché crea altra violenza, crea dolore e il dolore crea rabbia, la rabbia fa fare cose stupide.
- Tutti sono importanti: ognuno ha una sua unicità e questa è una cosa su cui mi vorrei soffermare. Neil Gaiman, autore di libri splendidi e anche lui autore di storie del Dottore, ripete spesso l'importanza della letteratura e dell'unicità di ognuno di noi. Sarà anche di parte, lo farà perché lui con la letteratura ci vive, ma tutti abbiamo bisogno di credere in noi stessi, per vivere meglio, per dare il meglio di noi stessi perché sappiamo che qualcosa ne scaturirà. Io ne avrei avuto senz'altro molto più bisogno nella mia vita.
- Amare qualcosa può generare meraviglie: gli autori che oggi hanno realizzato il loro sogno di bambini scrivendo Doctor Who, basti citare Russel T. Davies, Steven Moffat, Mark Gatiss e appunto Neil Gaiman, come me e come tanti altri non si aspettavano che da una passione osteggiata e maltrattata da veri e propri "nerd" ne sarebbe uscito così tanto. Ognuno di loro ha infuso la propria passione in ciò che fa, e ha creato capolavori che fanno commuovere, ridere, riflettere, agire. 

Questo elenco potrebbe andare avanti all'infinito, meglio che mi fermi qui. 
Cosa posso aggiungere per concludere? 

Grazie Dottore per avermi insegnato tanto e per avermi fatto compagnia quando ne avevo bisogno e quando non ne avevo bisogno. Per avermi fatto ridere e piangere e riflettere e agire, per avermi fatto interrogare sul perché delle cose, per avermi convinto a fare la cosa giusta, per avermi fatto vedere che a volte è semplice stare bene e far stare bene gli altri, più di quanto credevo. Continuerò ad aspettare di sentire il suono della tua cabina blu e la tua voce che mi dice "Corri". 

domenica 27 ottobre 2013

Il quinto potere: recensione/riflessione


Dalla prima foto di Benedict Cumberbatch conciato da Assange attendevo di vedere questo film, e finalmente ieri sera, ce l'ho fatta! Premesso tutto che non conoscevo e non conosco tuttora direi la vicenda esatta di Wikileaks, avevo appreso sommariamente che era un sito internet su cui venivano (vengono ancora?) pubblicati documenti riservati, con il malcontento dei governi, il trionfo dei giornalisti e possibili ripercussioni sulla gente coinvolta e comune, e che Assange è ora ospite di un'ambasciata a Londra per evitare la deportazione e il processo, che io credevo legato a questa fuga di notizie ma effettivamente non è così.

La foto era questa:

"Come t'hanno conciato, Benedettino di Micheluzza tua?" Mi chiesi.


The Fifth Estate è stato intitolato in Italia Wikileaks: Il Quinto Potere. Non mi permetto di questionare sulla scelta di inserire anche il nome dell'organizzazione nel titolo, che attira le masse e definisce meglio di che cosa si stia parlando. C'è da dire che a mio parere nel film non si parla tanto di Wikileaks, dato che non è un documentario, quanto del potere dell'informazione. Il tema fondamentale del film tratta di come le informazioni vengono incanalate, presentate, diffuse all'alba di questo 21esimo secolo. Il Quinto Potere siamo noi: è questo il messaggio, o uno dei messaggi, della pellicola.



Locandina originale in cui la parola "Wikileaks" non appare (se non nei credits)

Spenderò qualche parola buona su Benedict Cumberbatch, concedetemelo. Per il lavoro di trucco-parrucco tanto di cappello agli appositi reparti della produzione: superbo, contando quanto il viso di Cumberbatch poco si presti a venir cammuffato, tanto è particolare. Ma fatemi dire che come sempre questo ragazzo è un piccolo Dio della recitazione. Imitare semplicemente qualcuno è una cosa che facciamo tutti, cogliendo un tic, una parola particolare, un tono di voce. Cumberbatch fa qualcosa di molto più sottile (e non l'ho neanche visto in lingua, non oso pensare a cosa sia in lingua!), restituendoci non una caricatura o una fotocopia di Assange, ma riprendendo determinati movimenti  della persona che sta interpretando, riconoscibili ma non esasperati, sforzandosi di non tanto fare il verso quanto darci un'idea di chi è colui di cui sta recitando la parte. Julian Assange non è così, impossibile dirlo e impossibile interpretarlo alla lettera, come ogni vero essere umano. Cumberbatch è un professionista, e lo sa. 

L'Assange di questo film è un personaggio, in una storia. È un essere umano ferito, calpestato, che ha cercato di dimostrare al mondo che niente e nessuno potrà fermarlo, dovesse ferire e calpestare lui stesso gli altri, ed in questo aspetto si dimostra non solo la debolezza di Julian quanto la debolezza di ognuno di noi, dove il nostro ego sorpassa ciò che di buono vogliamo fare attraverso esso. È un essere umano e quindi egoista, primadonna, vulnerabile e insieme una macchina.


Benedict e quello che visto così pareva lo screensaver di Matrix.


Altre buone parole le spendiamo anche per Daniel Brühl, interprete di Daniel "Schmitt", il primo e per molto tempo unico collaboratore di Assange, di cui non avevo visto niente finora. Regge la narrazione con una padronanza e una disinvoltura che ti permettono di seguire il film senza dover troppo impazzire a cercare di capire il suo punto di vista. È un ragazzo che vuole fare qualcosa di buono, per il mondo, e trova la possibilità di inseguire questa sua speranza attraverso uno strano ometto australiano che salta da aeroporto ad aeroporto. Non è il più intelligente dei due, non è il più bravo dei due con i computer, ma mette tutto se stesso in quello che fa, è generoso, è attento, vuole fare le cose per bene e non deludere nessuno. È l'emblema di ciò che ogni persona normale, ogni persona per bene che vuole cambiare il mondo probabilmente farebbe. È giustamente il personaggio che nell'economia della narrazione ci accompagna. Viene intossicato dall'enorme potenzialità che Julian gli conferisce, rendendolo partecipe, ma non ne viene avvelenato, tanto che quando cerca di fare la cosa giusta, coinvolgendo altre persone come lui, è quello dei due che mantiene i piedi per terra, il cui panico è palese sulla pellicola quando si rende conto che Julian è mosso da se stesso più che dalla notizia.

Daniel e gli sticker nerd sul suo portatile.
Ho pensato al personaggio di Alicia Vikander, chiedendomi quale è stata la sua funzione nei pochi minuti della sua interpretazione, così come mi sono chiesta cosa ci hanno messo a fare Dan Stevens e Peter Capaldi, tre piccoli grandi talenti che in tutto, e intendo tutti e tre insieme, se hanno mezz'ora di scene è già tanto. Riflettendo un po' mi rendo conto che non sono stati sprecati.


La Vikander interpreta la fidanzata di Daniel, che all'inizio sembra solo un elemento di contorno, la figura femminile da inserire per evitare che il film venga definito maschilista. Trovo però che, a conti fatti, sia stato molto importante inserirla, per far vedere ancora di più quanto effettivamente Daniel, tra i due, è quello che è ancora attaccato alla realtà, che ha qualcuno da cui tornare - pur con i reali alti e bassi - qualcuno che crede in lui e che lo aiuta, che mette da parte il proprio egoismo, quando è necessario. 

E ci credo che sorridi, Alicia, mannaggia a te.
Su Peter Capaldi sono ormai di parte, perciò cercherò di essere breve. Capaldi è Alan Rusbridger, editore del Guardian. Impossibile non pensare per un attimo a Malcolm Tucker nei suoi gesti e parole da leader, ma naturalmente per quanto ormai typecast (stereotipato a livello attoriale, traducendo), ad un occhio attento è evidente che è stato scelto per l'autoritatività, se mi passate il termine, che sa dare, anche semplicemente nominato al telefono dal suo reporter, o nelle fugaci scene in redazione. Ma procediamo o la fangirl che è in me non la schiodiamo più. 
Dan Stevens è il belloccio inserito nel mezzo, ma non inutile, tuttaltro. È infatti la figura speculare a quella dei giovani di cui Julian, grazie a Daniel, inizia a circondarsi. Dove infatti i volontari di Wikileaks sono la nuova frontiera non professionale del giornalismo d'assalto, il personaggio di Stevens è il giovane giornalista che ha scelto la via ortodossa per raggiungere il suo obiettivo - lavora infatti al Guardian - ma non è meno appassionato degli altri: lo vediamo nell'unica scena in cui si esprime direttamente, dimostrando l'entusiasmo per il suo lavoro e la paura che questo venga denaturato e svilito da chi lui pensa non abbia a cuore ciò che lui stesso ha a cuore.

Belli de Micheluzza vostra, tutti e due. Però Dan, Peter, mangiate, che siete troppo magrolini.

Laura Linney e Stanley Tucci sono altri due attori superbi, che recitano i ruoli di personaggi molto importanti che si prendono il giusto tempo, anche se un po' poco, sullo schermo, senza i quali l'altro lato dell'Oceano non avrebbe avuto autorità o umanità, ma soltanto una maschera di falsità e crimine. Splendida Laura, un quasi sprecato Stanley, ma dovrei affiancarlo a un quasi sprecato Capaldi, a sto punto.

In sostanza, anche il cast di "contorno" non fa affatto soltanto da contorno, e includo anche tutti coloro che non ho nominato.


Laura e Stanley, in un momento di gossip.



Perfetta la scelta di David Thewlis per Nick Davies, il reporter del Guardian che tiene le trattative per l'esclusiva o meglio per la condivisione del materiale. Attore di grande talento, come sempre, ci regala un'interpretazione autentica e per nulla melodrammatica, e allo stesso tempo non fredda o artificiosa. Sempre parlando a livello narrativo, il suo personaggio è la controparte "buona" di Daniel, il giornalista di vecchia data che non ha perso il contatto con ciò che sarebbe giusto pubblicare ma allo stesso tempo cerca di fare in tutto e per tutto gli interessi dei suoi capi. Emblematico è infatti il discorso che fa con Daniel quando il film si avvia alla conclusione, parlando del sacrificio di una generazione per permettere a quella successiva di avere più libertà, che manca di disincanto ma non di speranza.

Perché sprecare un'occasione per mettere un'altra foto di Peter, quando non trovo foto di David che mi aggradino più di questa?

L'espediente di mostrare un grande numero di scrivanie "a cielo aperto" mi sembra molto interessante, se non azzeccata: laddove infatti sono migliaia le postazioni, gli esseri umani sono due, non hanno un ufficio vero (da qui il cielo sopra le loro teste), ma (spoiler!) questo permette di creare la bellissima scena della distruzione di tutto con una forza visiva che non ci sarebbe stata se semplicemente avessero preso a mazzate i veri server.

Parlare faccia a faccia è per i perdenti!
La manipolazione delle informazioni è quindi uno dei temi fondamentali, o forse lo sono le informazioni in generale, e in che modo il rapporto con la notizia plasma e mette in luce la natura umana. Se da una parte Daniel vuole mostrare la verità, per la giustizia e per tutto ciò che è necessario per averla, nel mondo, allo stesso tempo si rende conto che non è un professionista, ma che ha fatto la sua parte, ed è pronto a mettersi da parte o a collaborare per arrivare al fine più alto. Julian, invece, è troppo preso da se stesso, da ciò che è riuscito a fare, ripete sempre, da solo, anche se non è sempre stato solo: lui non si fa da parte, ma mette all'angolo gli altri, inganna, e comunque non è possibile condannarlo del tutto, per via del suo passato, ma anche perché è capace di manipolare anche te, pur di non manipolare il materiale. In fondo, lui vuole solo sbattere in faccia al mondo la verità, e venire lodato per questo, e forse la giustizia non c'entra molto.
I giornali? Sanno fare il loro lavoro, vogliono lo scoop, ma hanno una politica da seguire, hanno dei paletti che laddove possono rappresentare degli ostacoli, in alcuni casi rappresentano la capacità di proteggere soggetti sensibili, non di censurarli. La politica americana deve conservare il proprio decoro di fronte agli elettori, e proteggere i cittadini, e a suo modo si confronta con tutto questo.
La fuga (leak) di notizie avviene tramite un giovane soldato: ingenuo? Forse. Ma anche lui rappresenta quella generazione frustrata dallo schifo che si vede intorno, e scatena gli eventi. È grazie al suo gesto che possiamo renderci conto di come reagiscono i personaggi e interrogarci su come reagiremmo noi.

Bill Condon, regista che mi figuravo più alto, e Benedict Cumberbatch.
L'opinione che ci si può formare sulla vicenda di Wikileaks non è il punto, trovo non sia ciò per cui il film è stato prodotto, da spettatrice. 
Assange ha dichiarato che questa pellicola si è basata sui resoconti meno attendibili della vicenda, e probabilmente produrrà un film tutto suo. Comprensibile che questa sia la sua posizione, perché parla dal suo punto di vista, che non è artistico, e non gliene faccio affatto una colpa, anzi. 
Ciò che io ho tratto da questo film è che forse davvero il coraggio è contagioso, o meglio, che con la forza di volontà, la tenacia, la passione ma soprattutto il contatto con la realtà, il lavoro di squadra, la considerazione degli altri, si può cambiare il mondo, o iniziare a cambiarlo. Ed è importante fare il primo passo.

venerdì 30 agosto 2013

Inside the Mind of Leonardo

Non credo di essermi ancora ripresa a dovere dalla visione di questo documentario, lo ammetto. E ammetto pure che forse (o sicuramente) molta della mia fascinazione è dovuta alla ultima fissa/cotta/ossessione per Capaldi. Ormai è assodato: il mio giudizio potrebbe essere vagamente influenzato dalla fissa del momento... ma questa dovrà pure nascere da qualcosa? Se il talento (e tutto il resto) non ci fossero, non mi ossessionerei no?


Nella disperata e affannosa ricerca di tutto il lavoro di quest'uomo, mi sono imbattuta su tumblr in una foto piuttosto semplice, in realtà, con spruzzato in qua e in là il nome di Leonardo Da Vinci. La fascinazione del mondo per questo genio che fu fortemente incompreso dai suoi contemporanei e immagino anche da noi oggi, in larga misura, è molto forte nel mondo, soprattutto fuori dall'Italia. Merito di Dan Brown? Il Codice Da Vinci è una cozzaglia di imprecisioni, baggianate e corbellerie, ma non si può dire che sia un thriller fatto male. Merito forse del sorriso enigmatico della Gioconda? Al Louvre è assediata da migliaia di persone, ma non ha neanche ciglia e sopracciglia, oltre ad essere di un formato quasi francobollo.


L.H.O.O.Q. di Marcel Duchamp, altrimenti conosciuta come
la Gioconda coi baffi (Capaldiani, da questa foto)

Forse, in quanto italiana e immune alla sindrome di Stendhal (o così dice wikipedia, dato che ogni tanto un principio di svenimento e l'emozione che ti devasta ce l'ho eccome), non ho mai subito particolarmente il fascino di questo uomo rinascimentale, vuoi per la ricorrente ironia sulla presenza continua di Giorgio Vasari come fonte per le Vite dei grandi artisti, che è una battuta storica tra me e quell'artista di mia cugina, vuoi per la quantità e qualità di tanti altri maestri e personaggi di grande cultura e arte. Quanto mi sbagliavo...

Giorgio Vasari, in confidenza Giorgetto, uomo prolisso.
L'approccio utilizzato da questo documentario "Inside the Mind of Leonardo", targato SkyArts, non è il solito "ora vi mostro in maniera didascalica tutte le opere di Leonardo, e poi vi dico giusto qualcosina su di lui, ma in maniera molto piatta". Senza dare per scontanto nulla, si ripercorre la vita di Leonardo utilizzando qualche accenno di biografia, inframezzato da immagini moderne dei luoghi della sua vita, ricostruzioni digitali (e in 3D) delle sue opere e brani dei suoi diari, sugli argomenti più disparati, recitati da Peter Capaldi (vedere il mio post precedente per una parte dei deliri ehm degli apprezzamenti su di lui).


The dashing Scotsman
È lo stesso Capaldi che ci introduce alla narrazione, con un incipit che all'apparenza è accademico, ma dimostra l'intraprendenza e il coraggio di Leonardo: vuole lasciare memoria di sé nella mente degli altri, e di coloro che diranno che il suo lavoro è senza valore, dice (e la traduzione è mia): "i venti che respirano dalle proprie bocche sono come le scorregge che emettono dai loro deretani".
Un brevissimo video ci mostra l'originale da cui tutto il documentario è preso: semplice, immediato, diretto. Un curatore sfoglia le pagine e in sovraimpressione, il "disclaimer". Tutto ciò che si sentirà, viene dai suoi diari.
Prima apparizione Capaldiana nel documentario. Hellou...

I suoi ricordi si mischiano, nella voce narrante, a stralci di elucubrazioni, liste della spesa, idee sull'arte, prove di discorsi pubblici, bozze di opere incompiute, discorsi sull'anatomia e la scienza, pensieri intimi sulla sessualità, battute, storie e parabole. A volte, una scritta ci informa su cosa ha fatto prima e dopo, dove si trovava, ma in maniera asciutta, immediata, diretta. Tra una immagine e un progetto animato, Capaldi appare in scena, vestito in maniera semplice e potenzialmente senza tempo: un semplice pantalone blu o marrone con le bretelle, una camicia dal colletto alla coreana, uno scarponcino, a volte un gilet blu e una sciarpa rossa. A mio parere funziona in maniera molto più fluida e meno divagante di un possibile costume d'epoca: in quest'ultimo caso sarebbe sembrato solo un omino bizzarro, dalla barba folta e gli abiti strani, e si sarebbe fatta meno attenzione a ciò che diceva, caricando le sue parole di un significato artefatto. Il set in cui si trova sembra un vecchio edificio diroccato, spoglio, ampio, quasi neutro, ogni tanto una poltrona o un letto. Tutto è all'insegna del minimalismo, per far emergere senza filtri o artefìci le parole del maestro.

Leo/Pete tra le rovine, con un po' d'uva e vino, che non fa mai male
I suoi progetti vengono mostrati con delle ricostruzioni animate, che sono state trasmesse anche in tre dimensioni. Molte se non quasi tutte le macchine che Leonardo pensò e progettò non vennero mai realizzate. Le sue macchine da guerra non videro mai la luce, almeno fino ad ora: mentre un Leonardo in posa araldica, dopo aver tentato più volte di trovare il giusto tono, ci spiega con il tono febbrile e sicuro di sé del genio le sue invenzioni, le vediamo muoversi di fronte a noi con paura e con lo stupore di vederle così simili a quelle di oggi, quasi mezzo millennio dopo. 
Non solo le macchine ma anche i suoi calcoli matematici e geometrici sono ricreati: i suoi calcoli sull'anatomia e le proporzioni prendono vita istantaneamente con le linee disegnate sulla realtà, facendoci capire il fascino delle scienze che gli studenti considerano più noiose.
Animazione pesantissima che ci metterà una vita a caricarvi, ma non sapevo proprio come mostrarvela altrimenti! Sembra anche a voi una delle sue modelle?
Il documentario, o docufiction se vogliamo usare un termine più cool, è accompagnato nelle parti non recitate dalla colonna sonora di aKido, pseudonimo dell'artista canadese Kim Gaboury, che si può trovare da pochi giorni in vendita online (consiglio da Bandcamp dove il prezzo è minore ma si può aggiungere in caso vogliate dare più del valore prestabilito a questo artista). Senza una voce, le melodie spesso tinte di elettronico ci fanno passare dai paesaggi caldi della Toscana alla vita frenetica di Firenze e Milano, fino ai reconditi anfratti del museo dell'anatomia, toccando le corde delle nostre emozioni e dandoci i brividi, come solleticati da delle piume.

Il volo degli uccelli: una delle ossessioni di Leonardo da Vinci
In conclusione: nonostante quello che immagino sia stata un'accoglienza un po' fredda e distaccata della critica (ad esempio qui sull'Indipendent) io trovo che questo "esperimento" di narrazione sia ben riuscito. Personalmente, mi sentivo ipnotizzata da quest'uomo, che mi raccontava di meraviglie con l'entusiasmo di chi ama ciò che fa, di chi apprezza il potere della conoscenza e della mente. Mi sono emozionata nel sentirlo parlare della sua intimità, del sesso come del suo essere emarginato e deriso, la riservatezza di chi è diverso, forse migliore, e viene messo all'angolo dal senso di inadeguatezza degli altri, che si trasforma in proprio. Leonardo parla ad esempio di pazienza: la pazienza era per lui come i vestiti caldi d'inverno, la pazienza lo proteggeva da coloro che volevano denigrarlo, come gli abiti lo proteggevano dal freddo.

Leonardo, straordinario nella sua umanità
Una prova attoriale di Peter Capaldi, perfettamente all'altezza del compito, se non ben al di sopra di esso, atmosfere coinvolgenti sia per le riprese dal vero che per la creazione dei modellini e i riferimenti alla pittura, non trascurati ma accompagnatori di tutta una serie di tematiche spesso poco sviluppate o ignorate nei discorsi su Da Vinci.

Pout pourri di Leonardicità
Vi lascio il trailer qui, sulla gif di mia creazione (modestamente). Se potete, guardate questo documentario. Vi prometto un viaggio indimenticabile.

lunedì 12 agosto 2013

12th Doctor: perché, secondo la sottoscritta, Doctor Who non potrà essere che migliore, in futuro

Mi sono spesso ripromessa di non fare cose del genere: ovvero, mettermi a buttar giù nero su bianco le mie opinioni a caldo. Spesso, infatti, vengo non solo virtualmente lapidata, ma mi rendo conto che scrivere di getto fa uscire cose che non si pensano, cose date dall'impeto del momento, cose che se ci si pensa su un po' più a fondo possono cambiare, e tutto quanto. Ma stavolta, e me ne pentirò forse, due cosette le devo dire.

Cose che leggi del 12esimo Dottore online: io ho la stessa faccia del buon Woody.

Ci sono commenti demenziali in giro per il web, per non dire dementi, che non mi possono far restare in silenzio. Ovviamente saranno più di due cosette, come sempre... ormai conoscete la vostra polla (che sono io!), portate pazienza.
Andiamo per ordine!

Doctor... who? Come ho scoperto chi era Peter Capaldi, 
ma soprattutto che attore di talento era con THE HOUR

Personalmente, posso dire (e ho dei testimoni) che Capaldi l'ho molto apprezzato in The Hour, seconda stagione, andata in onda sulla BBC più di sei mesi fa, a fine 2012: insomma, in tempi non sospetti, e non solo perché è il nuovo Dottore.

Forse "apprezzato" non è la parola migliore in effetti: l'ho amato. Immagino sia successo un po' a tutti di trovare un personaggio che all'inizio non vi ispirava molto, sia per l'interprete che per il personaggio in generale. Poi, piano piano, una parte di quel personaggio vi ha intrigato, la voce forse o il comportamento o quel piccolo segreto che verrà messo in luce nel corso della narrazione. Capaldi è Randall Brown, il nuovo Head of News (lo tradurrei un caporedattore, direi) del programma The Hour. Ma, come dico spesso, facciamo un passo indietro.

Cos'è The Hour? È una serie composta da ahimè soltanto due stagioni, poiché non rinnovata, andate in onda sulla BBC tra il 2011 e il 2012, ambientata nella seconda metà degli anni 50. Protagonisti sono Bel e Freddie, due giornalisti sempre sul pezzo, decisi a dare una svolta al "giornale televisivo", creando un programma, l'ora (the hour) che non ci si può perdere, l'ora alla settimana che ti tenga con il fiato sospeso, che ti racconti la verità, nella maniera più chiara e attinente possibile, scoprendo scandali e portando alla luce sotterfugi, come il buon giornalismo deve fare. Trovano un frontman affascinante e carismatico, Hector Madden, che diventa il volto dello show, e tutta la redazione - compresa la giornalista senza peli sulla lingua Lix Storm - darà il meglio di sé per dare al pubblico ciò che è necessario che veda.

Il cast della prima stagione
Dove entra in scena Capaldi dunque? Nella seconda serie. Randall Brown è in fatti il nuovo caporedattore del programma, mandato dalle alte sfere (Lix le chiama "Powers that Be") della BBC che vogliono salvare la barca che sta affondando: Freddie se n'è andato, sieme all'anima dello show, quel "brivido lungo la schiena" che si sentiva in attesa di una nuova puntata. ITV, il canale rivale, ha un nuovo programma, plagio sicuramente di The Hour, ma migliore, ed è ora di rimettersi in riga.

Randall Brown, composto e metodico, maniaco dell'ordine, voce profonda, saggezza dispensata con frasi metaforiche e racconti significativi, deve risollevare la situazione, dunque, e lo fa in svariati modi, senza indulgenze particolari, sempre professionale, ma incoraggiante, pronto a cogliere il talento di ognuno e spronarlo a tirarlo fuori, con un occhio anche alle esigenze delle alte sfere, senza farle prevalere però, se il suo team ha una vera e propria idea geniale. Fino a qui, insomma, un personaggio magari da ammirare, da ascoltare con piacere, una figura autoritaria ma non tanto austera.

Lix, però, in questo caso, ci mette subito una pulce nell'orecchio, quando parla con Bel.
"Quando mi hanno chiesto quanto bene conoscessi il signor Brown, ho detto per niente. Non farmi mentire anche a te, tesoro". Molti critici hanno arguito che forse era un po' scontata la trama che si è poi dipanata tra Randall e Lix (di cui non vi do spoiler, perchè spero di avervi intrigato), ma lì il mio afflato d'amore è scaturito, puro e semplice. Interpretazioni di entrambi sublimi, sia di Capaldi che della Chancellor (che purtroppo non ha avuto spesso fortuna in fatto di personaggi, spesso antipatici quanto Miss Bingley in Orgoglio e pregiudizio 1995), quel genere di ruoli in cui riesci a dimenticarti che sono degli attori, e che ti rendono vicina ai personaggi come se li conoscessi davvero. Ti preoccupi per loro, speri in un successo o in una svolta positiva per le loro vite. Sempre per non rovinarvi la trama non accennerò alla loro ultima scena, ma è veramente meravigliosa, recitata in maniera estatica.


Spoilers? Naaah, questa è solo una foto stupenda <3 Source

Il dodicesimo Dottore: (breve) storia di una fangirl

Per tornare al Doctor Who, quindi, come molti altri fan, sono stata molto triste all'annuncio della dipartita (dallo show), ma allo stesso tempo ho provato la pura curiosità per ciò che mi aspettava. Chi sarebbe stato il 12esimo Dottore? Quale nuovo uomo (o donna) avrebbe continuato le avventure nel tempo e nello spazio?

Poi, finalmente, l'annuncio: saprete chi è il nuovo Dottore il giorno 4 agosto ore 19 (inglesi). Trepidazione alle stelle! Il giorno prima vengo a sapere che i bookmakers danno Capaldi per favorito, e in qualche modo mi sento già un po' triste: dentro di me so che la legge di Murphy è implacabile, e l'idea di averlo come Dottore già mi piaceva, ma non succederà mai, se è il favorito. Poi, il karma dimostra di odiarmi: non riesco a sintonizzarmi sulla diretta BBC e annaspo tra i vari social in cerca di una risposta alla mia domanda. Chi è il 12esimo Dottore?!?!? Una buon'anima mi dice PETER CAPALDI. Karma, scusa, ti ho offeso per niente, amici come prima?

Inizio i dovuti rallegramenti saltellando come una pazza, ridendo felice e facendo ogni sorta di danza della giraffa (perché, in fondo, Matt ci ha dato un modo stupendo di festeggiare). Ho realizzato poi che ha origini italiane, e la danza è diventata ancora più imbarazzante.

Il signor Capaldi - che detta così pare il proprietario di un'azienda vinicola
Presa da euforia unica, mi rallegro con la mia buona amica C. (ma che io chiamo E. e la saluto - stile quiz televisivo), grande fan di The Hour e altra fan del buon Randall Brown, e non faccio altro che cercare interviste, scoprendo retroscena meravigliosi: è un fan di Doctor Who sin da bambino, la sua prima intervista in diretta è professionale ma sentita, è considerato da tutti un attore di talento, dichiarazioni insomma entusiastiche in ogni dove.

E poi? Ovvero: avere a che fare 
con i cervelli dalle sinapsi bruciate 
(e non in senso buono)

Presa da un'afflato di amore verso il lavoro di quest'uomo - non sia mai altrimenti, ha più del doppio dei miei anni, una moglie che stimo profondamente anche solo perchè ha lavorato in Vera, produzione ITV, e una dolce figlia adolescente che a vederla così pare pure simpatica - beh, ho cercato molti dei suoi lavori, mi sono decisa a reperire The Thick of it, e ho scoperto che pure Geraldine Granger ha avuto un debole per lui (chiamala scema, a 30 anni era un bel tomo, con un sacco di capelli): era Tristan, proprio qui :)

Ecco, scusate, m'ero distratta di nuovo. Insomma, vengo a scoprire che c'è tutta una fauna di ragazzette whominchia (scusate il termine) che sbraita ogni genere di assurdità, tipo che è troppo vecchio, che doveva tornare Tennant, che il nuovo Dottore così non flirterà più con nessuno e che il Dottore deve essere un sex symbol.
Troppo vecchio!?!? È poco più giovane del primo Dottore, William Hartnell, che comunque veniva truccato e vestito come se avesse molti più anni (direi sui 65-70).
Doveva tornare Tennant?!? Per quanto io lo abbia amato, adorato, abbia iniziato a vedere Doctor Who per lui, abbiate pazienza, ma no. Ha lasciato la produzione per propria iniziativa, tra le altre cose, non si può fare il Dottore per sempre e insomma... lui è 10, potrà tornare in degli speciali, credo ne sia contento, ma fare un altro Dottore? Essù. No, perché non mi pare il Dottore possa rigenerarsi in questo modo, né che sia interessante che lo faccia.
Non flirterà più con nessuno?!?!? Perdonatemi, io credevo che un uomo, superati i quaranta, non diventasse asessuato. E poi diciamocelo, secondo me Capaldi sa essere assai (silver) foxy.
Il Dottore deve essere un sex symbol?!?! Abbiamo visto lo stesso show, per caso? Doctor Who non è una seriuccia per teenager che credono di essere in calore: è una serie fantascientifica, per tutta la famiglia, che parla di cose vere della vita, che ci insegna a essere tolleranti, altruisti, a credere nei nostri sogni, a cercare sempre l'avventura, a capire che i draghi possono essere sconfitti davvero, metaforici o meno. Se lo guardate solo per il giovane figo della situazione, vi prego, tornate a guardarvi le seriucce per ragazzette. Vi prego. Se invece volete veramente continuare a seguirlo, toglietevi questa idea dalla testa, perché non è questo il punto, almeno non per me.

Oltretutto, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato un articolo che ho letto su quanto Steven Moffat sia un distrutture di speranze: STEVEN MOFFAT: DESTROYER OF HOPES AND DREAMS

Dopo aver letto questo articolo indegno, mi è salito il sangue alla testa. Innanzitutto parte già con un misunderstanding, o meglio la mancanza di humor. 
So, there was Moffat, keeper of the tradition of not allowing even one women in the writer's room since 2008, at a press conference announcing the new, 55-year-old Doctor. Somebody asked if he ever even thought about casting a woman or an Asian or anyone but a white British male. Moffat spat back the joke, "That would be like casting the role of the Queen with a man."
Allora, partiamo dalla considerazione che Helen Mirren ha detto che le piacerebbe avere un Dottore donna, ed Helen Mirren sarebbe un Dottore (o dottora?) coi fiocchi, Moffat da buon scozzese ha dato la sua battuta nazionalista, rivolta alla Mirren, che ha fatto la Regina in svariati ruoli. Per quanto riguarda le donne nella "sala degli scrittori", direi che le quote rosa si compensano a livello di produzione, o comunque si vede che non ci sono sceneggiatrici in grado di fare questo lavoro (scrivere per Doctor Who non è una stupidaggine) o che non lo vogliono fare.

In sostanza, il tizio di questa intervista da a Moffat del misogino e del razzista perché non ha preso in considerazione una persona non bianca e non uomo per il dodicesimo Dottore. Con un personaggio come River Song o Amy Pond io non me la sentirei di dire una baggianata quale il fatto che Moffat sia misogino: un misogino non creerebbe delle donne così forti, indipendenti, intelligenti eppure piene d'amore, no. Avrebbe creato delle donne malefiche, stupide, svampite e solo "belle". E lo sfiderei a mantenere una relazione con sua moglie, che mi pare una donna decisa, nonchè in carriera.
Forse era comunque tempo di avere un Dottore donna o magari nero o asiatico? Forse, ma si può dire che il Dottore sia un po' come James Bond: c'è un periodo in cui alcuni potrebbero esserlo, altri in cui un solo attore è adatto. Probabilmente, Moffat, in quanto capo sceneggiatore e produttore, ha pensato che per l'idea di show che ha lui, Capaldi fosse perfetto. Forse andava scartato perché bianco e uomo? O perchè non è ginger??? (ahahah scusate, battutona servita su un piatto d'argento)
Sarebbe stato discriminato anche lui, forse, se scartato perché non nero o non donna?
Non so. So che forse, in questo caso, non è necessario accanirsi contro chi ha fatto la scelta, ma aspettare di vedere come se la cava il nuovo Dottore, prima di sputare sentenze.
C'è tempo per un Dottore donna o non bianco, direi, visto che le possibilità sono infinite, e perché negare l'occasione a Capaldi, che in quanto a talento direi che se la merita?

Vi lascio alle sue sagge parole da fanboy accanito.

Vostro onore, ho concluso.

mercoledì 3 luglio 2013

The Crimson Petal and the White: il vittoriano nel gusto moderno

Di romanzi vittoriani ne è pieno il mondo: Vittoria è la regina ottocentesca più conosciuta del mondo anglosassone, che ha regnato più di chiunque altro (per il momento) e ha segnato un periodo storico in tutte le sue sfaccettature. In quel periodo, molti dei grandi autori della letteratura inglese hanno dato il meglio di sé nei propri romanzi, ed hanno creato una sorta di comparto letterario che ha un numero altissimo di appassionati e cultori, dai semplici lettori ai grandi letterati.

Libroni antichi

Il romanzo che parla di vittoriano però non è solo contemporaneo alla famosa regina: altri autori si sono cimentati in accurate ricerche storiche per creare romanzi affascinanti e credibili, ed è di uno di questi che vi vorrei parlare.


Imbarazzante tentativo di rendere il Vittoriano cool

Leggenda vuole che Michel Faber, l'autore nato nei Paesi Bassi ma vissuto in Australia e Scozia, abbia impiegato ben 21 anni per mettere insieme l'opera in questione: Il Petalo Cremisi e il Bianco, romanzo edito in Italia da Einaudi.


Copertina molto cremisi poco bianco
Il romanzo parla di una giovane prostituta, Sugar, e della sua ascesa dai bassifondi di Silver Street alla casa di un grande industriale di Londra. Molti affermano che questo è il romanzo che Dickens avrebbe voluto scrivere, ma non ha mai potuto. Questo è il minimo che vi può essere detto. Esistono poi altri personaggi e altri intrighi, come ogni romanzo di 900 pagine si rispetti, ma procediamo come sempre con ordine. Ogni romanzo inizia con un incipit, e vorrei iniziare anche io così.


Il modo in cui la Sugar di Romola Garai, l'attrice che interpreta la protagonista nella fedelissima trasposizione BBC, ci introduce alla vicenda è intimo e segreto: dalle pagine di quella che vuole essere la sua vendetta contro tutti coloro che le hanno fatto torto, ci rendiamo conto che questa non è la solita storia vittoriana. Ci siamo ingannati, ci siamo illusi di conoscere quel luogo e quelle vicende, perché di sicuro abbiamo in mente tutte i libri e i film su quest'epoca, ma loro non hanno mai parlato di tutto, soprattutto non hanno mai parlato di lei.

Copertina assai poco vittoriana (?)
Romanzo e trasposizione televisiva vanno talmente di pari passo che è spesso difficile separarli, se non per qualche particolare della trama che gioco forza è stato eliminato. Il romanzo è talmente scorrevole da lasciarti sgomento di fronte al fatto che sono soltanto un migliaio scarso di pagine, ti accompagna nelle vite di queste anime perdute e miserabili con il giusto affetto e dovuto distacco, rendendoti spettatore e insieme consapevole di vedere la loro vita messa a nudo. Li senti vicini come se li conoscessi, li incontri e li perdi nel corso della narrazione come succede nella vita vera e ti accorgi di quanto le persone e le circostanze possano fare la differenza. La serie di quattro puntate, andate in onda ad aprile del 2011 sul secondo canale nazionale inglese (BBC two), rendono conto al popolo britannico di non essere (più) lo stereotipo dell'imperturbabilità e della rigidità: è la storia di una prostituta, e come tale viene mostrata, fin dove l'autore vuole che ci venga mostrata.


Sugar a lume di candela
Sugar è appunto la protagonista: appena 19 anni, affetta da una psoriasi che le rende labbra e pelle squamose e malate, le spalle e il cipiglio quasi mascolini, la voce particolare, è già da 6 anni nella prostituzione, presso la casa di quella che si scoprirà essere sua madre, Mrs Castaway, ed è una sorta di leggenda, di frutto proibito più delizioso, perché lei è disposta a fare qualsiasi cosa. Nessuno sa il suo vero nome, forse neppure lei lo sa, ma Sugar è tutto ciò che serve. Non ha particolari ambizioni, ma una tenacia animalesca, e una voglia di vendetta insita in lei come un cancro, un parassita. Sugar ha imparato tutto quello che sa da autodidatta: ha imparato da sola a leggere e a scrivere, e sta componendo un'opera che lei chiama "di vendetta" verso tutti coloro che le hanno fatto torto, contro tutti gli uomini che l'hanno usata ed abusata, in cui immagina di ricambiare il favore nelle peggiori delle ipotesi.

What will you pay Sugar?

Altro personaggio del suo stesso mondo è Caroline, l'unica amica che Sugar ha, una donna portata alla prostituzione dal proprio medico, per debiti contratti dalle malattie di suo figlio e di suo marito, entrambi morti.
In un certo senso, Caroline e Sugar partono quasi con lo stesso potenziale, all'inizio della storia. Entrambe giovani, anche se la prima ha più anni della seconda, entrambe pronte a fare un balzo per risalire dalla propria condizione, entrambe sempre in attesa di un cliente e di scoprire cosa egli riservi loro, se una tortura o un'opportunità. Entrambe le donne vengono a contatto con un uomo della stessa famiglia, i Rackham, ma è sia l'uno che l'altra a fare la differenza nel diverso destino di tutti.

Caroline in mezzo ai panni

La famiglia Rackham ha come capostipide Henry Rackham Senior, proprietario e gestore di una grande industria di cosmetici, in lento declino. Uomo d'affari capace ma rimasto indietro di decenni rispetto al mercato, vuole lasciare in mani sicure la sua impresa, ma non sa bene a chi. Il suo primogenito, Henry Rackham Junior, ha scoperto la Chiamata verso la fede e vuole diventare ecclesiastico. Non aveva in ogni caso il fiuto per gli affari. Il secondo figlio invece, William Rackham, ha altre vocazioni, una delle quali quella poetica: ha passato la sua ancora non del tutto conclusa giovinezza a viaggiare per capitali europee, imparare tecniche dalle prostitute francesi e ritornare in patria per sposare una giovane cattolica e ingenua, Agnes.

Henry che riflette ma non ci cava zampetti

Una delle espressioni più intelligenti di William (e ho detto tutto)

Agnes Rackham è appunto una donna ingenua, a suo modo. E non è decisamente tutta una sua colpa, ma il riflesso non solo dell'educazione che ha ricevuto - principalmente nessuna - ma anche della sua situazione familiare, della sua devozione al cattolicesimo, nonchè del tumore al cervello che le preme da dietro un orecchio e la fa sragionare. Sogna di angeli e di suore, di qualcuno che finalmente la porti in un luogo di pace, di ristoro, di cura.
È stata una sposa bambina, maritata ad un uomo che forse l'amava ma non è stato capace di rispettarla e di comprenderla, di guidarla e di essere al suo fianco, piuttosto che sopra di lei. Probabilmente vittima di una depressione post parto, non ha quasi idea di avere una figlia, Sophie, che cresce sotto lo stesso tetto ma lontana dalla sua vista, nonchè dalla sua vita.

Agnes e uno dei suoi pasticci

Altro personaggio femminile non di strada ma non lontano da essa è Mrs Fox. Figlia del medico di Agnes, il Dr. Curlew, è vedova e si occupa delle prostitute, cercando di toglierle dalla strada e riportarle sulla retta via. In questo viene aiutata proprio da Henry Rackham Jr., il quale tenta in tutti i modi di aiutarla per adempiere alla sua vocazione ma anche perchè profondamente attratto da lei: sono anime vicine, soprattutto per la loro devozione religiosa ma anche personalmente. Henry è però frenato dalle proprie convizioni nell'avvicinarsi a lei, mentre la donna è molto più consapevole del proprio desiderio.
Il Dr Curlew invece è il medico che con tutta probabilità (se non sicuramente) ha portato Caroline sulla strada ed è convinto che la follia delle donne sia soltanto un fatto isterico: le sue visite ad Agnes sono fin troppo intime e votate a comprendere se e dove si è spostato il suo utero, unica causa a suo parere delle crisi della donna.


Mrs Fox, non troppo conturbante...
Mi fa paura anche qui!!!
Per riassumere brevemente la storia: Sugar incontra William Rackham ancora convinto di poter diventare un grande poeta: la loro relazione inizia a diventare stabile e Sugar si tramuta nella sua confidente, amante, segretaria e collega, aiutandolo non solo con la sua libido ma anche nel suo lavoro, suggerendo azioni da intraprendere. William diventa ben presto un industriale di successo, mentre sua moglie sprofonda sempre di più nella pazzia, nella solitudine. Henry Rackham, infatuato di Mrs Fox, si chiude a sua volta in se stesso crededo il suo desiderio per lei troppo peccaminoso e sbagliato, e finendo ucciso per errore in un incendio divampato in casa propria, nella disperazione di perdere la sua amata. Ella infatti è profondamente malata, ma la sua ripresa miracolosa ha un tempismo decisamente pessimo: quando si sente meglio, Henry è morto ormai. Sugar risale dal bordello in cui ha sempre vissuto a una casa tutta sua e riesce infine a farsi ammettere dai Rackham come nuova governante della piccola Sophie, figlia di William. Sugar diventerà l'angelo tanto atteso da Agnes: la aiuterà a fuggire, in cerca del suo convento di pace e cura (anche se il romanzo non ce lo dice, è possibile che sia morta, come viene dichiarata, ma non ne siamo certi) e infine fugge lei stessa incontro a una nuova vita portando con sé Sophie, per darle finalmente una madre.
Non sappiamo davvero che cosa è successo dopo queste due fughe: il romanzo resta con un finale aperto, lasciando finalmente la giusta privacy ai suoi protagonisti.

Edizione che ho comprato solo perchè c'era Romolina!

Tutti i personaggi vengono a confrontarsi con le proprie pulsioni e desideri, soprattutto sessuali, chi più chi meno. Da una parte ci sono coloro che non sono stati educati per nulla o quasi, come Agnes e Henry, che si ritrovano a non sapere come gestirli e a sentirsi sporchi, violati, mostri e senza perdono. Dall'altra ci sono coloro che usano queste pulsioni per se stessi, le comprendono e non se ne vergognano, come William, Sugar e Mrs Fox.

Il tormento vissuto da Agnes è documentato nei diari, scritti in varie fasi della propria vita e tentati di celare e distruggere. Agnes non ha neppure idea di cosa voglia dire avere un ciclo mestruale, tanto che crede di essere affetta da una malattia che la fa sanguinare: per fortuna, se si può dire, attraversa dei periodi in cui è troppo magra per averne, e si sente più al sicuro, tanto che continua a non mangiare, mentre il suo tumore continua a premerle sul cervello. Il suo sogno ricorrente è quello di trovarsi in un convento pieno di suore amorevoli e compassionevoli, che la curano e che ogni volta che lei si desta devono lasciarla tornare alla sua vita. Agnes non ha potuto capire nulla della propria sessualità, perché i genitori non se ne sono occupati, e il marito, già molto più esperto di lei, ha semplicemente agito come se fosse un'altra prostituta. Il suo medico non fa altro che metterle le mani addosso, creandole sempre più disagio. Agnes non riesce a capire che cosa le succeda, e perché succeda a lei, è come una bambola di porcellana finissima piena di crepe per l'uso malefico che le viene perpetrato, prossima a spezzarsi.
Henry è su un piano diverso, ma ugualmente sprovveduto. È talmente avulso dal desiderio di diventare un uomo di chiesa, talmente votato a un ascetismo che non potrà mai raggiungere, ma soltanto perchè profondamente umano, e uomo, non si rende conto che il suo desiderio, anche sessuale, per Mrs Fox non ha niente di innaturale o sbagliato, come lui crede che sia. Henry vuole superare i propri limiti, della propria carne e del proprio spirito, per poter diventare finalmente un modello di rettitudine come ogni ecclesiastico dovrebbe essere. Vuole così tanto diventare un uomo di chiesa che ogni piccolo ostacolo, o tutto ciò che ritiene tale, lo sente come una debolezza, un'inadeguatezza, e invece di comprendere se stesso, cerca di ignorarsi, finendo poi con lo scoppiare quando il fratello, nella maniera sicuramente sbagliata, lo fa tornare bruscamente alla realtà.



William invece, dal canto suo, non si fa affatto problemi o scrupoli: ha avuto esperienze con prostitute di tutti i tipi, ma con Sugar tutto cambia. Finalmente qualcuno lo soddisfa in maniera piena e si fa complice. William pensa solo al proprio piacere, se pensa, e non si rende conto del disagio di sua moglie, che subisce il marito senza riuscire a ricambiarlo, e di suo fratello, che scambia i propri desideri per abomini. Sugar, invece, vive la sessualità proprio come un lavoro: una cosa fastidiosa, ma che va fatta, perchè porta a benefici che possono giustificarne gli inconvenienti. Ha cura di se stessa e delle conseguenze del suo lavoro, tanto che quando si scopre incinta cerca di disfarsi della creatura in tutti i modi e, come a sua volta è sopravvissuta ai tentativi di aborto di sua madre, così ha la meglio anche sul piccolo. Caroline anche si comporta allo stesso modo, e mi sembra estremamente emblematico il discorso che fa con Henry: Sugar infatti incontra William e da lì riesce a risalire, mentre Caroline incontra Henry che cerca di indottrinarla sulla retta via, ma purtroppo non ci riuscirà. Ho sempre visto questa dicotomia come molto interessante all'interno della storia!






Caroline incontra l'uomo giusto, che però non riesce ad aiutarla, così come lei non riesce ad aiutare lui. Le due persone invece peggio assortite, William e Sugar, riescono ad elevarsi a vicenda, ma con un processo vizioso più che virtuoso: lui rimarrà senza nulla, dopo aver preteso e avuto tutto, mentre lei si prenderà con la forza tutto quello che ritiene meglio per sé, ma anche con il desiderio, che in qualche modo la riscatta di qualsiasi peccato, di dare amore ad una bambina e di crescerla come figlia.

Per quanto riguarda la miniserie, trovo gli interpreti sublimi. Chris O'Dowd, dopo una carriera da attore comico, è un William Rackham che dimostra la sua inettitudine, la sua boria, il suo egoismo e la sua mostruosità umana nella maniera più convincente e veritiera. Riesci a provare pena per lui, soprattutto per i suoi difetti, ma allo stesso tempo non puoi non rimanere obiettivo di fronte alle cose aberranti che fa.
Agnes è interpretata ad un'attrice che molti hanno ritenuto inadeguata in quanto non rispecchia la descrizione di piccola bellezza assoluta che è nel libro. Ma trovo che Amanda Hale sia molto brava a creare un personaggio folle eppure spaventato, innocente quanto maltrattato. Gillian Anderson, famosa per X files, è irriconoscibile come Mrs Castaway ma perfettamente convincente. Richard E. Grant è sempre imperturbabile e mefistofelico, mentre Shirley Henderson è la piccola ma potentissima Mrs Fox. Liz White crea una Caroline con cui si può empatizzare ma allo stesso tempo la prostituta che ci si aspetta di vedere.



Per Romola Garai (Sugar) e Mark Gatiss (Henry Rackham jr) sono troppo di parte, essendo io una loro grande fan: li trovo più che perfetti, nonostante molti possano arguire su alcuni aspetti della loro interpretazione. Romola sa dare quel pizzico di civetteria e provocazione che serve, è crudele eppure soltanto in cerca della propria indipendenza. Mark rende perfettamente la vunerabilità e l'inadeguatezza che il suo personaggio si sente addosso.






I costumi sono perfettamente azzeccati, soprattutto il giubbotto-spencer di Sugar, con delle piccole ali ricamate sulla schiena: cosa che fa credere ad Agnes, nel vederla di sfuggita, di aver trovato il suo angelo custode. Le inquadrature che sembrano espandere in larghezza casa Rackham comunicano l'idea di claustrofobia, di mostruosità, che la casa contiene. Alcuni dettagli del libro quali i collage di Mrs Castaway nel bordello sono inseriti come piccoli omaggi e creano la giusta suggestione. La musica di Cristobal Tapia de Veer fa venire i brividi e saltella sulle note come un piccolo carrillon.



Insomma: una storia in cui immergersi, sporcarsi e poi riemergere macchiati nei punti giusti.