martedì 14 gennaio 2014

Sherlock, serie 3 - pensieri e riflessioni! parte 2 - The Empty Hearse

Episodio 1 - The Empty Hearse

Il primo episodio è andato in onda il primo giorno dell'anno 2014. Invece di vederlo sola soletta, ho seguito la diretta con un giusto gruppetto di amiche, e devo dire che è stato ancora più emozionante. La BBC, da buon canale pubblico quale è, non prevede pubblicità (i suoi introiti primari non derivano da quella, come nelle tv private, ma dal canone), quindi dopo la voce suadente dell'annunciatore, la scena si apre direttamente sullo stesso momento della caduta dal tetto dell'ospedale St. Bart's della fine di The Reichenbach Falls. 

Geniale, a mio parere, partire dalla spiegazione o meglio farci credere di aver iniziato con quella: sono passati due anni, non frapponiamo indugi! Devo confessare che al Bacio tra Sherlock e Molly (sì con la B maiuscola, come altro definirlo?) ho subito sentito puzza di imbroglio: questo Sherlock non avrebbe mai e poi mai fatto una cosa del genere, anche se sulla scena è una cosa veramente stupenda.


"AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH" fu il grido che si sentì fino a casa dei vicini.

Ed eccoci però ripiombare nello sconforto: non era vero, era solo una possibile spiegazione del nostro Anderson. Sherlock è ancora ufficialmente morto, nessuno è convinto pienamente che tornerà mai, solo un piccolo gruppetto di ammiratori scalcagnato chiamato The Empty Hearse - non un omaggio quindi alla Casa Vuota, che però sarà più avanti (lo leggerete nella quarta e ultima parte). Non solo: Anderson è frustrato e triste, Lestrade ha la tipica espressione di chi non vuole illudersi, ma allo stesso tempo ne avrebbe bisogno, e Mrs Hudson è rimasta l'unica inquilina di Baker Street, che nessuno va mai a trovare. Stanno tutti tentando di convivere con il dolore, la perdita, il rimorso. E John?
John Watson è andato avanti. Ha trovato una compagna, si è ripreso un lavoro, si è persino fatto crescere i baffi: grande, grandissimo omaggio a tutti i Watson degli ultimi cent'anni, si è purtroppo talmente ingigantito da non essere più controllabile. Ho capito, è divertente, ma internet placati, sei ridicolo. Alla quarta volta che rivedo una battutaccia, ho smesso di ridere. 


Più Watson di così, c'è solo David Burke (che io adoravo, perché se ne andò! Era così dashing!)
Ma c'è un gruppetto di eletti che sa che Sherlock Holmes è vivo: in primis, suo fratello Mycroft. Ho adorato la scena di lui, infiltrato, che va a recuperare Sherlock, ma solo dopo averlo fatto malmenare un po': fa molto film di spionaggio o di James Bond, cose che piacciono molto a Mark Gatiss, e non gli do affatto torto. In più, i loro battibecchi al Diogene's Club! Li adoro! 
Altra chicca difficilmente superabile i genitori di Sherlock: i veri genitori di Cumberbatch li interpretano, da bravi attori quali sono, ed è innegabile la somiglianza, così come è evidente che sullo schermo Benedict e Timothy hanno una chimica innegabile, e sua madre sembra davvero la donna più amorevole ma decisa del mondo. Con riscontro poi di ciò che si vede nell'ultima puntata, il gene dell'intelligenza viene sicuramente dalla madre, anche se la dolcezza e l'amore del padre in qualche modo è stato trasmesso a entrambi i piccoli figli inquietanti che hanno generato.


Amateli, perché sono bellissimi. E perché a quanto pare Benedict era una piccola scimmia.
E ora, parliamo dell'elemento ostico per i più: Mary Morstan.
È interpretata da Amanda Abbington, nella vita la vera compagna e madre dei figli di Martin Freeman, e a me piace tanto. Non lo dico per questo fatto, ma perché l'ho vista recitare in Case Histories prima e mi rendo conto che è una brava attrice. 
Detto questo, sono convinta che dare in mano a Mark Gatiss questo episodio sia stata una mossa vincente: Mark è lo scrittore dei rapporti più semplici quanto dolci, dove l'ordinarietà di una famiglia normale diventa bellissima e delicata. Gliel'ho visto fare anche in Night Terrors, episodio di Doctor Who, e non glielo si può contestare. 
Mary Morstan insomma è la vera compagna di John Watson: è capace di rispondergli a tono, anche scherzando, durante la sua proposta e gli sta davvero accanto quando riceve la rivelazione di Sherlock. Non si mette in mezzo urlando contro Sherlock, sa che devono parlarsi tra loro. Non si mette a fare scenate di gelosia, anzi, capisce che Sherlock è importante per John e quindi entrambi ora lo sono. Anche Sherlock capisce questo, e non si metterà mai contro di lei o non la ignorerà come ha fatto con tutte le altre. In questo senso trovo che il rapporto di reciproca simpatia tra Sherlock e Mary sia azzeccato, perché hanno entrambi a cuore, molto a cuore, la stessa bella persona, e non poteva essere altrimenti. 


Con i Pink Martini non si sbaglia mai: ho ballato e cantato questa canzone per giorni, e continuerò!

Mi piace molto anche il fatto che Mary non si metta in mezzo, che non sia particolarmente presente in questo episodio che è principalmente di Sherlock e John, ma che sia lì quando ce n'è bisogno.
Sì, lo so. Ora che abbiamo anche His Last Bow ci possiamo porre delle domande, e io vi do le mie risposte. Abbiamo visto tutti che Sherlock deduce "Liar" (bugiarda) su Mary. E ha sentito "puzza di bruciato" (e non cercavo di fare un gioco di parole, cioè "no pun intended") quando ha riconosciuto lo skip code. Come allora spiegarsi questo suo rapporto così stretto? Ne riparlerò nell'ultima parte, ma sono convinta che la chiave sia proprio nel fatto che Mary ama davvero John, e questo è ciò che Sherlock ha dedotto. 


Mary, che decisamente invidio per la bellezza anni 20... anche se il biondo non è il massimo
Questo episodio si contraddistingue soprattutto per la dinamica di riavvicinamento di John e Sherlock: ho sentito molti lamentarsi sulla banalità o inesistenza di un vero e proprio caso, e che la minaccia terroristica e l'attentato a John sembrano buttati lì per caso. La Casa Vuota, a suo modo, non brilla per originalità o suspance, e non è stata comunque omaggiata qui, ma nell'ultimo episodio. Ho notato che questa stagione si è concentrata sull'aspetto umano e sui sentimenti dei personaggi, e con una profondità del genere era impossibile non sacrificare almeno la parte prettamente "crime"; da fan accanita del giallo all'inglese non sento la necessità di lamentarmene, non stavolta. 


Come in ogni rapporto spezzato o incrinato, la riappacificazione avviene in fasi, e ancora una volta mi sento di dire che la scelta di lasciarla a Gatiss, almeno per lo script, è stata azzeccatissima, dato che lui ha un modo particolare per calibrare le emozioni (aiutato, immagino, dalla sua esperienza da attore); Moffat è l'uomo dei sentimenti struggenti e della stretta al cuore, Gatiss è quello della bellezza della semplicità e dell'ondata di calore nel petto.
Primo approccio, disastroso: Sherlock pensava sicuramente di fare una grande entrata, di ricominciare le loro avventure come nulla fosse, ma John è decisamente ferito dal suo comportamento (ed è deciso a ferire Sherlock almeno fisicamente). La differenza si nota soprattutto quando Sherlock tenta subito di spiegargli tutti gli scenari, ma a John, per il momento almeno, interessa soltanto il perché e soprattutto chi altro sapeva, non il come. John è evidentemente infuriato e frustrato, mentre Sherlock vorrebbe riprendere subito a lavorare: ho trovato interessante che Moffat e Gatiss abbiano deciso di non perdonarlo subito, come invece avviene nel canone.



Solo una riga sulla rivelazione di Sherlock a Lestrade e Mrs Hudson: perfette, e fantastiche.

Tra questo e il successivo incontro/scontro, la scena in cui Sherlock parla con Mycroft è emblematica e mi è piaciuta particolarmente. Al di là della divertente gag dei due fratelli che, invece di giocare a scacchi, giocano all'Allegro Chirurgo, proprio questo escamotage da modo di creare uno scambio interessantissimo: Sherlock riesce a mostrare a Mycroft che l'amicizia di John l'ha reso più umano e l'ha reso molto meno solo. In qualche modo, vorrebbe che anche il fratello maggiore sperimentasse questa gioia, anche se Mycroft è naturalmente scettico e non ha intenzione di dimostrarsi debole con il suo fratellino minore, che considera ancora troppo vulnerabile e bisognoso di attenzione (tema che si ricollega ancora una volta a His Last Vow).
I due riferimenti al canone che ho individuato, ovvero le deduzioni sul cappello - simili all'inizio de L'Avventura del Carbonchio Azzurro - e il caso sviscerato con Molly - evidentemente, Un caso di identità - nonché il tentativo di John di smascherare Sherlock - Holmes è spesso e volentieri in incognito in molti suoi casi, e Watson non lo riconosce mai - mi hanno ricordato e dimostrato per l'ennesima volta l'omaggio e l'amore degli autori per le avventure originali.


Adoro Un caso di Identità!!!
La dinamica tra Sherlock e Molly è di nuovo affrontata in maniera molto dolce e tenera: lei è sicuramente ancora affascinata da lui, probabilmente innamorata di lui, decisa a non volerlo cambiare, e per questo ha ormai gettato la spugna, trovandosi un fidanzato (fotocopia). Sherlock è riuscito a dirle quanto è importante per lui, anche se forse lei non ci crede, ma apprezza il gesto.

È evidente che fino ad adesso, i due si sono mancati, perchè nonostante conducano vite separate, il ricordo dell'atteggiamento dell'uno verso l'altro influenza ciò che fanno separatamente. Il secondo tentativo di riappacificamento tra John e Sherlock riesce ad esserci grazie al salvataggio in extremis dall'essere bruciacchiato con Guy Fawkes. È John a fare il primo passo, tornare a Baker Street, ma ancora non è sereno: solo constatare che anche i suoi genitori erano a conoscenza del segreto lo agita. Sherlock tenta davvero di scusarsi di nuovo, ma è l'avventura che di nuovo si impossessa di lui, e cerca di coinvolgerlo: questa volta ci riesce, e la loro riappacificazione deve attendere: Londra va salvata.

Il terzo tentativo può sembrare quello definitivo, ma non è così, non lo penso: Sherlock sta di nuovo tentando di ingannare John, di farsi perdonare in fretta e con un colpo di scena, sul filo del rasoio. Sherlock sta recitando una parte, sta fingendo un rimorso che non prova, sta punzecchiando il suo amico, come un gatto fa con il topo. Il suo pentimento non è autentico, mentre John è terrorizzato e sicuro di perderlo e nonostante la rabbia, gli dice ciò che pensa di lui, lo chiama il più grande e il più saggio degli uomini che ha mai conosciuto... lo perdona, seppur arrabbiato e...

Un po' di sana suspance, naturalmente, e finalmente la spiegazione più plausibile. È quella vera? Forse, io penso di sì: non potendo prevedere le mosse precise di Moriarty, Sherlock e Mycroft ne hanno ipotizzati un certo numero e creato "trucchi" per salvare Sherlock in tutti questi, e "Lazzaro" è quello che hanno dovuto mettere in atto. Anderson in questo caso è stato usato come tramite o come personificazione dei fans, o di un certo tipo di fan: la scrittura di Gatiss è, ancora una volta, magistrale. Anderson infatti dice che "non l'avrebbe fatto in quel modo", che è "deludente". Gatiss e ovviamente Moffat stanno tentando di creare una specie di collegamento tra sé e lo spettatore, stanno mostrando come loro pensano che lo spettatore potrebbe reagire e interagire, pur con un pizzico di autoironia: Sherlock infatti risponde "Oh, sono tutti critici ora".
Anderson, in ogni caso, continua a incaponirsi: gli autori sanno che certi fan non apprezzeranno i loro sforzi, e ne prendono atto, come ogni buon comandante sconfitto.
Lo trovo assolutamente geniale!

... e poi la bomba non esplode. Qui crolla la maschera di Sherlock e il perdono non viene cancellato solo è ancora "adombrato" di una patina di imbarazzo e di falsità: Sherlock non si è davvero ancora scusato, non veramente, e anche John come lui è incapace di esprimere ciò che provano l'uno per l'altro, l'affetto, l'amicizia, la lealtà... Io non sono di quelli che li vede come coppia omosessuale, fatevene una ragione: ma sono più che convinta che si vogliano davvero un bene dell'anima. 

Ed è il quarto e ultimo momento di Sherlock e John insieme che li riappacifica del tutto. Dopo aver salutato e parlato con gli amici più stretti, sono soli: John ribadisce quanto conosca Sherlock, Sherlock resta impettito, ma ascolta, ascolta eccome.
In due righe, il perdono è totale: sì, Sherlock ha sentito la richiesta di John.

Un veloce assaggino della presenza del cattivo, di questo Lars Mikkelsen splendido e magnifico... e la puntata è finita.

Cosa posso aggiungere a questo post infinito e lunghissimo? Gli attori sono stati sublimi, ma cosa ve lo dico a fare?
Non sapendo davvero più cosa aggiungere, concludo qui per questo episodio, e vi aspetto per il prossimo!


TU... NON PUOI.. PASSAREEEEE!!!
Ma puoi passare al prossimo post ;) quando sarà pubblicato

Sherlock, serie 3 - pensieri e riflessioni! parte 1 - Premessa e Many Happy Returns.

Non poteva mancare un blogghino su Sherlock, naturalmente! Cercherò di mantenere una sorta di ordine in questa mia elucubrazione, ma come sempre non posso promettere niente. Proverò a parlare di ogni cosa episodio per episodio, ma ora che ho una visione completa avrò anche qualche spunto in più (per questo ho atteso, sono furba eh?).
Il materiale è tantissimo, perciò diluirò il tutto pezzo per pezzo.

Ricci, cappotto, pioggia: ciao Sherl <3
Premessa che mi pare doverosa: molti hanno atteso questa serie, e per tanto tempo. Due anni sono lunghi in un palinsesto in cui siamo abituati ad avere una serie dietro l'altra, a volte con pause di pochi mesi. Gli americani sono bravi in questo, e se lo possono permettere: molti soldi, molti attori pronti a scavalcarsi per una parte che li lanci finalmente, molte location, molti network, molti produttori.
Il Regno Unito è un paese piccolo. Spesso si ironizza (grazie a Tumblr principalmente) che abbiano solo 12 attori, 4 location e... un solo ombrello (quello di Mycroft). Finanziare una serie di tre film da 90 minuti non è una sciocchezza, pagare due attori protagonisti ora molto famosi, trovare un cast di contorno, ripristinare i set a Cardiff, ritrovare le location a Londra, finanziare una post produzione digitale e di effetti speciali non complessi ma presenti, ecc... non è uno scherzo. 
Mi rendo conto che appunto due anni sono un'attesa lunga, ma per lo sforzo da fare, la pianificazione, gli impegni di tutti, è un miracolo che ci abbiano messo "così poco". Attendere tanto, o almeno tanto per gli standard dei più, crea particolari aspettative, ancora più forti di quelle che si erano create a suo tempo sul cliffhanger della prima stagione. Personalmente, sono una che tenta di non aspettarsi nulla in particolare, perché mi piace farmi sorprendere e non mi piace farmi deludere da me stessa. Tengo la mente sgombra più che posso.
Ho letto però molta delusione intorno a questa terza serie, e l'unica ragione per cui mi possa spiegare questa reazione è appunto l'aspettativa: tutti vorremmo che il nostro telefilm preferito abbia determinate situazioni, mostri determinate scene, ma non siamo noi a farlo, e a volte quello che vogliamo non è quello che potrebbe funzionare meglio. Lungi da me cercare di convincere persone a pensarla come me, ma mi piacerebbe che riflettessero un po' su questo, e su quello che sto per raccontarvi. 

Professori di Marketing Virale molto fieri dei loro allievi, che ora lavorano per la BBC
Ho divagato? Oh, sì. Scusate... Cominciamo!

Mini-episodio: Many Happy Returns

Steven Moffat e Mark Gatiss sono due fanboy: in italiano possiamo dire degli appassionati particolarmente entusiasti, anche se la traduzione non terrebbe mai il giusto livello di follia. Come meglio introdurre la nuova stagione se non con questo? Ma soprattutto se non usando una loro pseudo-proiezione nella storia, e cioè Anderson?
Anderson è passato da colui che è molto infastidito dalla presenza di Sherlock a suo grande fanboy: scontato? Forse, ma ci voleva, ci piace, lo adoriamo! Qualcuno che, dopo aver dubitato di una persona per tanto tempo, si accorge troppo tardi del suo errore... ma è davvero troppo tardi?
Adorabile, quando rintraccia i vari casi di Sherlock, facendo notare che non è veramente idiota come è sempre stato dipinto nel primo episodio. Adorabile soprattutto Lestrade, convinto da se stesso o meglio dal proprio dolore a non credere a tutte quelle storie. John, a sua volta, ci spezza un po' il cuore: è serio, è ferito, è triste. Rivedere il suo amico Sherlock, ancora poco avvezzo all'umanità, gli strappa un sorriso quando si rende conto e ammette di aver fatto qualcosa di indelicato. Quel sorrisetto sul volto del suo migliore amico ci ha fatto del male e del bene insieme. Molto bello anche il graduale "scoprirsi" di Sherlock: dal monaco con il cappuccio alla sagoma, alle mani, per poi finire solo nel video a vederlo a figura intera.
Citazione preferita: "Only lies have details" (tema che mi ricorda una battuta molto simile se non uguale, in un suo stesso episodio di Doctor Who scritto da Moffat. Parlerò di questa ripetitività Moffattiana nella parte su His Last Bow - e non la considero un difetto, ve lo dico subito).
Sherlock sorride e fa l'occhiolino ("sembra piacere alla gente, mi rende umano") e noi stiamo già esultando. Deduzione corretta, Sherlock: alla gente piace.

Non fare così, Greg. Te la prendiamo un'altra birra, tranquillo.